Gli Emigranti
Chi erano?  
Con quali aspettative hanno lasciato quel poco che avevano per recarsi in un paese lontano a cercar fortuna?
Quali difficoltà hanno incontrato?
Cosa hanno trovato? Come si sono inseriti e cos'hanno fatto i nostri concittadini che sono emigrati?
Le loro storie
Le storie personali di nostri concittadini che ai primi del novecento hanno lasciato la zona ed in molti casi per non tornare mai più  
Queste storie sono raccolte dai discendenti diretti ed indiretti , con una difficile opera di ricongiunzione delle informazioni.
Quest'iniziativa mira a fare di queste pagine un luogo di incontro , di  integrazione  e di condivisione di informazioni relative a persone che, con grande coraggio e senza gloria hanno  portato la cultura delle nostre parti nel mondo, contribuendo a rendere grandi ed importanti diverse città  oltre oceano


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L'emigrazione verso gli USA e le storie dei nostri emigranti

Partivano lasciandosi dietro la terra di origine, gli affetti e le tradizioni. Secondo alcune stime sarebbero circa sessanta milioni gli italiani che, nei vari periodi storici, hanno lasciato l'Italia per emigrare verso paesi più ricchi. Andavano verso terre sconosciute alla ricerca di una condizione di vita migliore. Nelle valige mettevano foto, santini, pubblicazioni che gli ricordassero i luoghi e le persone da cui si distaccavano. Per lunghi, estenuanti viaggi, ammassati in squallide barche sognavano "l'America".
Li accompagnavano i sogni e "pezzi" di Italia: poesie, canzoni, preghiere e rappresentazioni teatrali da riproporre nei luoghi in cui giungevano, e non solo ai connazionali. Nascevano gruppi di attori, piccole compagnie teatrali che riproponevano la trazione teatrale italiana proprio come avrebbero fatto in patria per cercare, in quei ricordi, la consolazione. Presentavano le iniziative con locandine scritte rigorosamente in Italiano. Locandine che vennero usate per la promozione di iniziative, avvisi, pubblicità. Alcune erano veri e propri quadretti da guardare, riflettere, interpretare.
Intanto, apprezziamo e commentiamo le foto, ognuna con la sua storia, i suoi protagonisti, il suo racconto inedito. Blu trasparente, un chiaro di mare e il rosso del vestito di una donna, una "dame" col cappellino che saluta scuotendo un fazzoletto bianco. Accoglie l'arrivo di una nave poco distante, che entra in un porto col suo carico di persone benestanti, gente di successo, che ha lasciato la penisola qualche anno prima e che torna a trovare mogli e parenti italiani. E' la sola alternativa dell'operaio dal salario magro e del contadino dal raccolto di anno in anno più scarso. Doveva essere più o meno questa l'impressione che i manifesti dell'inizio del secolo scorso facevano ai poveri operai e contadini italiani che avevano poche possibilità in patria. Doveva accendere una speranza la nave enorme e luccicante d'acciaio, che prometteva tavoli e comfort anche per i viaggiatori di terza classe e che valicava l'oceano per raggiungere "Nuova York in appena 11 giorni". Un transatlantico imponente e leggero, sicuro sui mari in tempesta, che faceva intravedere, a chi avesse raggiunto la Statua della Libertà, una vita dignitosa, lontana dalla miseria, dalla fame e dalle malattie. Quella nave rappresentava il benessere: 11 giorni, solo 11 giorni e la vita sarebbe cambiata oltre l'oceano Atlantico. Certo, la propaganda dell'epoca fece centro nel soddisfare il bisogno di realizzare i sogni dei poveri italiani. Gli illustratori di poster erano abilissimi a disegnare transatlantici a fior d'acqua sotto cieli vermigli al tramonto e tra flutti spumeggianti. Avevano nomi incoraggianti le compagnie di navigazione che facevano la spola fra l'Italia e l'America: "La Veloce" di Genova assicurava un "servizio celerissimo con vapori elegantissimi" per il viaggio, nonché "illuminazione elettrica e trattamento di prim'ordine pei passeggeri". C'erano poi "I famosi quattro conti", quattro imbarcazioni appartenenti alla compagnia del Lloyd Sabaudo, che sui manifesti pubblicitari cavalcavano, dotati di bandiere e scudi, una scia veloce in groppa a cavalli al galoppo. C'era, ancora, l"Augustus", una motonave da 30mila tonnellate di stazza, che collegava Genova al Brasile. La sua imponenza occupava la quasi totalità del poster che la pubblicizzava, quasi che il mare, per una nave di quella dimensione, fosse un piccolo dettaglio.
La fantasia dei disegnatori, al servizio della pubblicità dell'epoca, fu abilissima nel vendere sogni. C'era il bisogno di cambiare vita nella popolazione italiana di inizio Novecento, ancora prevalentemente agricola e stremata dalle frequenti carestie. E al di là del mare c'era un paese vergine, tutto da scoprire, che assicurava più dell'indispensabile. E tra i due mondi c'era la nave rassicurante, robusta e inaffondabile, che salpava ogni due settimane. A seconda della destinazione, undici o diciotto giorni per arrivare, ma anche 9 subito dopo la guerra. Il costo del biglietto variava a seconda della classe in cui si viaggiava: per il Brasile, con la compagnia Adria, il prezzo era nel 1911 di 770 lire in prima, di 570 lire in seconda e di 195 in terza. Ma il trattamento sarebbe stato eccellente "per tutti i viaggiatori di tutte le categorie, con carne fresca e pane appena sfornato".
Ma fu quasi sempre illusoria la traversata dell'emigrante italiano. In un reportage giornalistico di fine Ottocento, Edmondo De Amicis, che viaggiò verso l'Uruguay e l'Argentina a bordo della "Galileo", rivelò ciò che realmente succedeva durante il viaggio sui transatlantici e parlò delle vere condizioni dei passeggeri di terza classe. "Ammassati tra pile di cartoni, valige e animali, assieme a ladri e uomini puzzolenti di sporcizia, vi sono donne malate con figli denutriti. Cosa ne è dell'amichevole gigante glorificato dalla propaganda, che protegge i poveri emigranti col calore della sua carena d'acciaio?" A dispetto della luce elettrica pubblicizzata, degli accessori di lusso dell'imbarcazione e della carne fresca, la squallida realtà era che in terza classe spesso non c'era nemmeno un bagno per centinaia di passeggeri, che erano costretti ad andare in seconda per trovarne uno disponibile. La pubblicistica del tempo non si esaurì ovviamente con i poster delle compagnie di navigazione, ma si sviluppò in nuove forme attorno al mondo dell'emigrazione: copertine di dischi venduti in America che raffiguravano l'incanto del golfo di Napoli; santini con l'invocazione al protettore di chi "si allontana dalla patria"; avvisi con cenni sulle regole e le norme che gli emigranti che si apprestano a raggiungere il Brasile devono rispettare; e ancora, locandine di ristoranti italiani divenuti celebri a San Francisco e locandine di film italiani; cartoline di tutti i tipi: con gli auguri di Natale da New York, con gli auguri per il compleanno e con i saluti alla famiglia lontana.

di Patrizia Perilli e Cristiano Camera - ADNKRONOS. Maggio 2001

L'emigrazione in America ha toccato punte eccezionali ai primi del 1900, come si può rilevare dal grafico qui rappresentato

I nostri emigranti
Il movimento di popolazione è stato molto importante per Cuggiono.
Fino alla fine dell'ottocento  Cuggiono, capoluogo della zona, attirava un movimento di immigrazione che ne ha incrementato la popolazione.
Dai primi del 1900, a causa della scarsità dei raccolti, della siccità frequente, delle malattie della vite e del baco da seta, iniziò un movimento emigratorio di notevole importanza.
Il movimento emigratorio è stato compensato dall'immigrazione di contadini dal paesi vicini per cui l'entità della popolazione non ha subito gravi riduzioni.
Le destinazioni erano diverse con una netta prevalenza per gli Stati Uniti di America, non tralasciando gli stati Europei e l'America del Sud.
Negli anni intorno all'inizio del 1900 la media dei partenti di sesso maschile di età compresa tra i 15 e i 40 anni, fu di circa 200 all'anno
Oggi sono numerosi i Cuggionesi e i discendenti di Cuggionesi all'estero, pare anzi che siano più dei Cuggionesi stessi.
Grandi concentrazioni di cuggionesi le troviamo negli U.S.A., a Detroit e a St. Louis, altre comunità in tutti gli Stati Uniti, dagli Stati Atlantici alla California, in Argentina e in Canada.
In Europa ci sono cuggionesi in tutti gli Stati mete di emigrazione ma anche in paesi, come la Spagna, che essi stessi sono fonte di emigrazione.
Potendo raccogliere notizie precise, siamo certi che tracciando una mappa delle presenze Cuggionesi toccheremo tutto il mondo.
FARE FORTUNA , TROVARE ... "A  MERICA"

Forse non solo miseria e povertà, ma anche spirito d'avventura ed intraprendenza animavano coloro che partirono.L'ignoranza della lingua e le difficoltà di inserimento nel Paese d'arrivo li costrinsero ai mestieri più umili: braccianti, minatori, muratori o scaricatori di porto per inseguire, col loro duro e caparbio lavoro, il sogno di migliori condizioni di vita. Per rafforzare il legame che ci unisce ai Cuggionesi emigrati ed ai loro figli e nipoti, cerchiamo di capire chi erano, cosa li spinse ad emigrare, come si integrarono nel nuovo mondo, quanto hanno mantenuto della loro identità e cosa di "nostro" hanno trasmesso ai loro discendenti. -,
fonte museo storico civico Cuggionese
LA GRANDE EMIGRAZIONE

A fine '800 la nostra economia rurale era sull'orlo del collasso a causa dei metodi agricoli antiquati, della mancanza di sviluppo industriale nelle campagne, delle tasse eccessive; la terra era posseduta da padroni per lo più incuranti dei problemi dei contadini e restii ad investire.
Questo stato di cose valeva anche per il mandamento di Cuggiono e proprio in quel periodo iniziò un esodo massiccio le cui radici si sono allungate fino ai nostri giorni.
Il flusso degli espatri da Cuggiono registrò indici di gran lunga superiori non solo a quelli della provincia di Milano, ma anche alla media nazionale.
L' emigrazione fu dapprima stagionale e diretta verso i Paesi europei; era costituita da manodopera generica, soprattutto braccianti, che iniziarono ad accorrere là dove si aprivano grandi cantieri per opere pubbliche, spesso guidati dal cuggionese Cav. Ercole Belloli, uno dei più importanti costruttori di tramvie e ferrovie nel mondo. I Cuggionesi prestarono la loro opera nella costruzione dei Forti di Bilbao, negli scavi del Canale di Corinto, nella costruzione della ferrovia Salonicco-Costantinopoli, del tunnel del Gottardo, nel cantiere di Suez, negli scavi del Canale di Panama e nella realizzazione della ferrovia del Congo.
Il censimento del 1881 dava per Cuggiono una popolazione di 6.105 abitanti; quello del 1931 (cinquant'anni dopo) ne registrava solo 4.475 ! Il numero annuale degli emigranti, di età compresa fra i 15 ed i 40 anni, raggiunse anche quota 200 ed il totale fu di almeno 3.000 !
Alcune compagnie straniere di navigazione, come la Cunard Line, aprirono proprie agenzie a Cuggiono con impiegati cuggionesi quali Angelo Rossi, Giuseppe Colombo (Pinel da agensìa), Giacomo Merlo (Giacum Marlèt) : a queste agenzie si rivolgevano gli emigranti anche dei paesi vicini per essere assistiti nel disbrigo delle pratiche di espatrio, per i biglietti relativi ai viaggi in treno fino a Le Havre, Calais o Genova ed i biglietti per le navi che, con traversate di alcune settimane, li portavano nel Sud o nel Nord "da a MERICA".
Molti partirono per Buenos Aires e si stabilirono in varie città dell' Argentina e degli Stati confinanti; la maggior parte dei nostri emigranti raggiunse il Nord America, sbarcando ad Ellis Island, nella Baia di New York.
In un'attuale pubblicazione americana si legge: "Ellis Island e la cronistoria di oltre 12 milioni di immigranti ( più di 2,5 dei quali Italiani) che varcarono le sue porte fra il 1892 ed i11954. Sono singole storie di privazioni non raccontate, di paura dell'ignoto e di dolore della separazione. E' la storia della fede degli immigranti e della loro coraggiosa costanza nella ricerca della speranza. Questa e la storia dell' America" !
 Herrin, nell'Illinois, fu in pratica "rifondata" dagli emigrati cuggionesi; Detroit, nel Michigan, e Saint Louis, nel Missouri, videro un'affluenza massiccia di nostri compaesani. Ovunque approdassero fondavano associazioni e circoli, costruivano chiese e ritrovi per aiutarsi, stare insieme ed osservare le proprie tradizioni, parlare italiano e dialetto, evocare ricordi mai spezzati. ,

Documento tratto da una pubblicazione edita dal museo storico civico Cuggionese
THE HILL (la montagna) Una Cuggiono a ST.LOUIS
L'avventura dei Cuggionesi a St. Louis iniziò nel 1880 quando un nutrito gruppo di ardimentosi giunse al Union per lavorare nelle miniere di piombo. Era un lavoro duro, malsano e soltanto stagionale; così i Cuggionesi  si spostarono verso la vicina St. Louis e, come altri emigrati lombardi, veneti e piemontesi, trovarono occupazione nelle cave di argilla e nelle fornaci di mattoni a sud-ovest della città.
Cominciarono a costruire le prime casette in legno e mattoni rossi nelle vicinanze dei luoghi di lavoro dando vita ad un sobborgo italiano chiamato "Dago Hill". Il sobborgo si estese e progredì fino a diventare uno dei centri più attivi e fiorenti, un vero e proprio quartiere che gli Italiani soprannominarono "Fairmount Hill" ed i Cuggionesi "The Hill" ovvero "La Montagna".
La maggior parte di questi emigrati non era sposata, poche erano le donne, ognuna delle quali provvedeva a cucinare, lavare e stirare per un gruppo di uomini. Ma dal 1900 i pionieri della Montagna incominciarono a farsi raggiungere dalle loro consorti, quelli scapoli intrapresero il viaggio verso l'Italia per sposarsi e tornarono con le mogli; i più giovani presero in moglie le fidanzate dei loro paesi appositamente emigrate.
Dal 1903 presso il "Circolone" ed il "Circolino" di St. Louis un gruppo di volonterosi raccolse 5 dollari per ogni Italiano e si poterono costruire la prima chiesa cattolica, la Chiesa di St. Ambrose, ed una scuola cattolica con elementari e medie. Attorno ad esse ancora oggi, grazie all'intraprendenza del Parroco, Don Vincent Bommarito (di origini siciliane), ruota la vita sociale della Montagna.
I primi "sposalizi" e battesimi in detta chiesa furono di Cuggionesi.
Secondo i dati statistici della Chiesa di Sant' Ambrogio, nel 1907 la presenza dei "Lumbard" sulla Montagna era di circa 2.100 fra immigrati e figli nati a St. Louis , mentre il gruppo di origine siciliana annoverava oltre 1.000 persone. I gruppi, anche di altre provenienze, sono oggi perfettamente integrati fra loro .
Nel 1921 la chiesa fu distrutta da un incendio e nel 1926 fu ricostruita, grazie alle numerose donazioni, non più in legno, ma in mattoni rossi. Anche le campane furono donate e dedicate a Sant ' Ambrogio , alla Madonna del Carmine ( Cuggiono ), a Santa Teresa ( Inveruno ) , a San Nazario ( Marcallo con Casone ) e a San Vincenzo Ferreri ( Casteltermini ) .I nomi delle centinaia di benefattori, buona parte dei quali provenienti o discendenti dagli emigrati dei nostri paesi, sono incisi su una decina di lapidi all'interno della Chiesa.
Nel processo di inserimento nel nuovo mondo, gli emigrati hanno conservato il valore del rispetto per la famiglia ed hanno coltivato i rapporti interpersonali come in Italia.
La maggior parte delle famiglie della Montagna vive tuttora in piccole case di legno e mattoni rossi, circondate da orti ordinati e pieni di fiori, quasi sempre senza recinzione. Il quartiere, a differenza delle usanze americane, ha tanti ristoranti e piccoli negozi sparsi un po' ovunque. Gli idranti lungo le strade sono di color bianco, rosso e verde ed anche sui pali della luce spiccano i tricolori con la scritta "The Hill".
Si respira ovunque il senso della comunità unita e solidale, un profondo senso civico. Con la preziosa guida di Mons. Salvatore Polizzi, sacerdote siciliano già Parroco di St. Ambrose, quando la costruzione dell'autostrada 44 divise ed alterò le caratteristiche del quartiere con l'abbattimento di un centinaio di casette, gli abitanti della Hill ottennero la ricongiunzione della parte più antica della Montagna con il resto della comunità stessa attraverso un sovrappasso.
Criminalità pressoche nulla, buoni servizi e costo contenuto della vita caratterizzano ancor oggi la Hill.
Gli Italiani si riuniscono all' "Italian-American Bocce Club", dove i simpatizzanti e gli oltre 400 soci di ogni età giocano a bocce, sorseggiano birra o vino e parlano l'Italiano ed il dialetto, quello di una volta, da noi quasi soomparso.
Il “Bocce Club” dispone di un'ampia sala per banchetti utilizzata anche dall' "Italian Club di St. Louis".
Questa organizzazione, fondata nel 1922, riunisce circa 150 persone di origine italiana che diffondono la lingua ed il dialetto, la cultura e le tradizioni della loro terra di origine.
Un'altra organizzazione, la "Hill 2000", ha contribuito e contribuisce a cementare la comunità, servendola nei suoi bisogni economici, sociali e culturali ed attraendo i giovani "bilanciando" la convivenza ai vari livelli di età.
Lo sport e stato ed e molto praticato ed importante sulla Montagna : i nomi di Yogi Berra ( Cuggiono ) e di Joe Garagiola ( Inveruno ) sono noti a tutti gli appassionati di baseball. Sulla Montagna a Yoghi Berra e stato intitolato un piccolo e grazioso parco, il.Berra Park*.
Anche una piazza della Hill e stata intitolata a Cuggiono : "Cuggiono Place”.
La nazionale americana di calcio del 1950 , durante i mondiali in Uruguay , sconfisse l' Inghilterra: di quella squadra ben 5 giocatori, fra cui Gino Pariani e Frank Borghi, provenivano dalla Montagna.
La storia di questo evento memorabile e rivissuta in un recente film dal titolo ”The game of their lives “ ( “ La partita delle loro vite” ) , girato sulla Hill .
La passione per il ciclismo e tuttora molto viva : da oltre un secolo ogni anno, in occasione della festa della Hill, si svolge un'avvincente corsa sui dossi della Montagna con numerosi partecipanti provenienti anche dagli altri Stati d'America.
La Hill, dove tutto e ancora autentico e dove anziani e giovani sono orgogliosi delle origini comuni e ti fanno rentire come se fossi a Cuggiono, a casa tua, e diventata la meta d'obbligo per chiunque arrivi a Saint Louis o solo abbia occasione di transitarvi.

Documento tratto da una pubblicazione edita dal museo storico civico Cuggionese
Moumento all'emigrante a St. Louis